La Detenzione di Armi e Munizioni

 

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Se ad ognuno di noi venisse chiesto di spiegare l’argomento “Detenzione di Armi e Cartucce”, sia in termini di qualità sia di quantità, quali risposte saremmo in grado di fornire?

In linea di massima: (a) non siamo certi su cosa rispondere; (b) riferiamo qualcosa che si è sentito dire; (c) si recita la consueta litania “3 armi comuni, 6 sportive e fucili in numero infinito”, ma senza sapere quale sia il relativo riferimento normativo.
E se dovessimo rispondere sul tema delle armi antiche, artistiche e rare?
E se la domanda riguardasse le armi da collezione?
E se l’argomento fosse inerente la quantità di cartucce detenibili?
Cosa potremmo rispondere? Saremmo certamente sommersi da una montagna di dubbi.
Conoscere il riferimento normativo che ci consente di detenere l’arma ed il suo relativo munizionamento è un “obbligo” che ci può salvare da eventuali “errori” i cui effetti finiscono nei Tribunali Penali con associate perdite di tempo e di denaro.
Le armi in oggetto rientrano nella categoria delle Armi Proprie, ovvero di quegli strumenti nati espressamente per arrecare offesa alla persona (Artt. 585 e 704 CP; art. 30 TULPS).
Armi proprie che, come afferma la Legge 110/1975, si suddividono in armi da guerra o tipo guerra (Art.1), in armi bianche (art.4 co 1 e 2) ed armi comuni (Art.2) per il cui acquisto e detenzione il cittadino deve essere in possesso di Porto d’Armi. Sono quelle di cui parliamo oggi.
Annoveriamo, sinteticamente (ma si consiglia di approfondire l’argomento leggendo gli articoli citati), caso per caso, i riferimenti normativi inerenti le diverse tipologie di armi e munizioni.
Armi Comuni da Sparo (Fuoco): il numero detenibile è pari a tre (3); il riferimento normativo è dato dall’art.10 co6 della Legge n.110/1975 e art.12 co8 del D.L. n.306/1992.
Armi da Caccia: il numero detenibile è illimitato; il riferimento normativo è dato dall’art.10 co6 della Legge n.110/1975, art.37 co2 della Legge n.157/1992 e art.9 co3 della Legge n.489/1992.
Armi per Uso Sportivo: il numero detenibile è pari a sei (6); il riferimento normativo è dato dall’art.10 co6 della Legge n.110/1975 e art.9 co3 della Legge n.489/1992.
Armi Antiche, Artistiche e Rare: il numero detenibile è pari a otto (8); riferimento normativo art.7 del D. Min. Interni del 14 aprile 1992 e art.32 del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, ovvero R.D. 18 giugno 1931, n.773) per la licenza permanente.
Armi da Collezione: il numero detenibile è pari a un (1) esemplare per ogni modello; sono esclusi i fucili da caccia ad anima liscia e le repliche delle armi ad avancarica; riferimento normativo art.10 co6 e co9 della Legge n.110/1975 e art.31 del TULPS (licenza del Questore).
Denuncia di Detenzione di Armi, Munizioni ed Esplosivi: il numero massimo di cartucce detenibili per arma corta è pari a duecento (200); numero che giunge a millecinquecento (1500) in possesso di Licenza Prefettizia.
Le cartucce a pallini per fucile ad anima liscia, senza denuncia, possono essere detenute fino al numero massimo di mille (1000) (art.26 Legge 110/1975); superata tale soglia va denunciata l’intera quantità in dotazione, e comunque senza superare il limite dei millecinquecento (1500) pezzi.
La detenzione delle cartucce tipo Slug (o Palla Asciutta), va sempre denunciata.
Un dettame spesso non osservato, fonte di problemi di natura penale, è il mancato rispetto dei termini per la denuncia di detenzione di armi e munizioni che, obbligatoriamente, va effettuata entro le 72 ore dal loro acquisto o cessione privata o ricevuta in eredità o variazione luogo di detenzione (art.38 co1 e co5 TULPS).
Il Luogo di Custodia, inoltre, deve offrire adeguate garanzie di sicurezza (art.38 co6 TULPS) (dettame spesso trascurato). Il Deposito di cartucce ed esplosivi della prima categoria (5 Kg netti), inoltre, è regolamentato dall’art.97 del Regolamento TULPS (R.D. 6 maggio 1940, n.635).
Si consiglia, quindi, di porre la necessaria attenzione alla legale detenzione di armi e munizioni in quanto, sia per motivi legali sia di sicurezza, “prevenire è meglio che curare”.


Dott. Ermanno Musto


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